Circa un anno fa sceglievo il nome ‘Artifacts’.
Non ero in una deep focus session con la Red Bull o simili, ma stavo semplicemente guardando il nulla in una spiaggia deserta della Croazia.
Mi veniva in mente il paper ‘Do Artifacts have politics?’ di Winner e pensavo che ok, ci stava.
Prima di quel momento i nomi che consideravo erano ‘Ahead of the curve’, che diventava facile ‘AOC’, o ‘Beyond’. Ma il mio amico Tommaso mi fece notare che il primo era troppo complicato e il secondo forse troppo vago.
E quindi ‘Artifacts’, con una serie di motivazioni che avevo scritto nella #0.
La casualità e semplicità di come è nato il nome riflette abbastanza bene il processo che in realtà ha portato ad Artifacts stessa.
Non è stata un’illuminazione improvvisa, ma più l’esito naturale di 3 fattori: che mi piace leggere e scrivere, che ho la fortuna di avere tempo da dedicare ad una cosa simile, e soprattutto dall’incontro con diverse persone stimolanti e interessanti negli anni.
E poi anche che, in un panorama media sovraffollato e denso come quello attuale, un prodotto media come una newsletter rappresenta secondo me una nicchia da proteggere e valorizzare.
Allora, questa breve Artifacts balneare (ti auguro), riflette proprio sul senso di una newsletter nel 2024.
Quindi non parlo di Artifacts, ma provo a condividere cosa ho imparato attraverso Artifacts sul perché di una newsletter, la sua peculiarità e che ruolo gioca, secondo me, nell’ecosistema media.

(E così magari ti viene anche voglia di iniziare qualcosa di simile da settembre!)
La Storia
Parlando di ecosistema media, una newsletter è, per alcuni aspetti, radicalmente diversa dai social media e dai contenuti per Instagram, Facebook, etc.
Innanzitutto perché non c’è alcuna intermediazione da parte di algoritmi. Se sei iscritto, ti arriva. Se non sei iscritto, no e non viene consigliata su un feed.
Quindi si salta uno step: non è (1) creator —> (2) piattaforma —> (3) audience, ma direttamente creator —> audience. Una mail che ti arriva nella inbox, facile.
C’è anche molta meno interazione - o engagement direbbero i guru - perché non ci sono like, repost, commenti o simili. Quindi forse è un prodotto più intimo, ma è soprattutto più difficile per chi scrive sapere come e quanto è stata apprezzata.
Ed è quindi anche più difficile fare il boom o crescere in maniera repentina: è un processo mooolto più lento che beneficia meno delle dinamiche della viralità.
Ultimo punto: non si torna indietro. Quando clicchi “invia”, è fuori. Stop.
C’è un errore? Amen. Non puoi eliminarla dall’inbox di chi la riceve come invece puoi cancellare un contenuto social. Decisamente più responsabilità.
Poi, è una rottura di scatole infinita.
Non è qualcosa che ti vai a prendere o vedere su una piattaforma o un sito, ma ti arriva dritta dritta nelle mail. Che è una dinamica media un po’ più all’antica, di comunicazioni one-to-one, a tutti gli effetti una lettera che ricevi.
E visto che chi scrive si arroga il diritto di romperti le scatole, credo che una newsletter debba cercare di essere almeno decente.
Mi spiego meglio: se ogni martedì mattina mandi un 1000 parole a qualcuno, devi assicurarti di star mandando qualcosa di valore.
Non che sui social allora si possa metter fuori robaccia, ma questa dinamica di intimità, di lettera che mandi, e di “intrusione” negli input che ricevono gli altri, secondo me richiede a chi scrive particolare attenzione e cura.
Anche perché le persone ti puniscono, e si disiscrivono. Un dato? Ogni martedì 2/3 persone tolgono l’iscrizione da Artifacts. Che ci sta!
Per finire, una newsletter ha un legame particolare con il tempo.
Tendenzialmente, newsletter NON di pura informazione ma più di riflessione come Artifacts non rincorrono le breaking news.
Questo significa che la “vita” di una newsletter è più lunga di altri contenuti: puoi lasciarla riposare nella inbox per 3, 4, 5, 10 giorni e comunque rimane valida.
Un prodotto media molto più lento di tanti altri.
Da ultimo, crea una ritualità. Per chi scrive e per chi riceve. Se sei iscritto da abbastanza tempo, sai che Artifacts arriva il martedì mattina prima delle 9.
Se non arriva, forse te ne accorgi di più che se oggi una pagina Instagram non mette post. Esagero: è un po’ come se non esce il giornale - una newsletter è qualcosa che, in qualche modo, “aspetti”.
Tutti elementi che concorrono a farmi pensare che sia bello, un po’ romantico, e anche forse speciale scrivere e ricevere newsletter.
Herbert Simon già nel 1971 scriveva “A wealth of information creates a poverty of attention”.
Ogni giorno riceviamo e vediamo centinaia di stimoli e input. Penso sia molto più prezioso di quello che sembra decidere di fermarsi qualche minuto per guardare o leggere proprio quel contenuto.
Grazie se, poi, quel contenuto, ogni tanto, è una Artifacts :)
Buone vacanze!
Save for Later
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Credo il discorso più bello che io abbia mai ascoltato. Nulla a che fare con la tecnologia, ma sensazionale.
A proposito di media e futuro, una bella intervista di
, che fa e ha fatto diverse cose super. Ed è anche lettrice di Artifacts :)Lo Scaffale
A proposito di media, attenzione, informazione, “The Attention Merchants” di Tim Wu è quello che serve leggere per capire un po’ di più di come sta cambiando l’ecosistema. E magari perché le newsletter sono il futuro (?).
📚 I libri consigliati in Artifacts da portare sotto l’ombrellone sono qui
Nerding
Ok, facilissimo. Ma magari non chiaro a tutti. Substack è il tool che uso per mandare Artifacts. Facile e intuitivo, ti fa un bel design e ha delle funzionalità di raccomandazione tra newsletter che aiuta tanto a crescere. Se mai volessi lanciare una tua newsletter…
Pausa Caffè? ☕
Dai che in estate abbiamo tutti più tempo e possiamo chiacchierare. Prendiamo caffè, crema-caffè, gelato, whatever.
Se anche a te interessa Artifacts, i temi che affronta o sei solo curiosa/o…







Che fra, anche se interista ❤️
Qui dalla #0. Grande grande grande ❤️